Attilio Alessandro Ortolano, uno scrittore e la sua città: Ortona

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Attilio Alessandro Ortolano, la fantascienza di Ortona

Attilio Alessandro Ortolano

Attilio Alessandro Ortolano

Abbiamo intervistato per voi Attilio Alessandro Ortolano, giovanissimo scrittore di Ortona.
Dopo il successo e i premi di Bellezza e crudeltà, romanzo d’esordio che sceglieva il difficile genere distopico, è arrivato Il cuore che abito. Ecco cosa ci ha raccontato.

L’intervista a Attilio Alessandro Ortolano

Il Cuore che abito è il secondo romanzo di Attilio Alessandro Ortolano dopo Bellezza e crudeltà. Sei passato dalla distopia alla fantascienza, due generi difficili. Come mai questa scelta?

«La risposta per il giornale è che non amo le cose facili. La risposta sincera è che non penso per niente al genere di qualcosa che sto scrivendo. Scrivo quello che sento. Per Il cuore che abito avevo iniziato scrivendo al passato, mi sono ritrovato nel futuro. Non è colpa mia. Sembra strano ma è così».

Il cuore che abito di Attilio Alessandro Ortolano

Il cuore che abito di Attilio Alessandro Ortolano

La sorta di clonazione che è al centro del romanzo pone, tutto sommato, anche una questione etica. Secondo te fin dove può spingersi la scienza?

«La scienza può spingersi fino al limite che crede di avere. Per il pianeta esiste un equilibrio che ci possono insegnare già l’albero o il mare o il sole. Non sono sorpreso del mare che a volte distrugge e a volte incanta. Vuole solo lanciare dei messaggi. Si può ferire pure l’acqua probabilmente, lo possiamo fare con una lattina. Potrei aprire una grossa parentesi ma non riuscirei a tenerne il filo, e quindi non lo faccio. Sulla clonazione, non ricordo precisamente perché ho avuto questa idea. Sono sincero nel dire che certe cose che decido di scrivere poi dimentico perché le ho scritte. E’ pure questa una fortuna perché ogni volta riesco a trovare un significato differente. Certo, esistono particolari dettagli di cui ricordo perfettamente il centro. Qui ricordo vagamente di aver pensato come sarebbe avere un altro noi stessi alla ricerca della felicità, e cioè puro, effettivamente lontano dai limiti del mondo, come un bambino».

La pratica del “double soul” offre una seconda possibilità al protagonista. Tu come ti comporteresti al suo posto?

«Posso decidere di scriverlo o di dirlo, ho capito che poi certe cose vanno come devono andare, cioè nel modo più giusto per noi, anche quando sembra sbagliato. Tale considerazione non è una resa, ma una consapevolezza che ho avuto guardandomi indietro. E’ sempre una benedizione pure il passato. A questo punto, se avessi una seconda possibilità, vivrei probabilmente allo stesso modo. Pure questo corpo che ho, adesso, può essere una seconda o una millesima possibilità di altri corpi in cui sono stato. Quello che voglio dire è che finirei per essere moralista nel dire che vivrei meglio, cogliendo l’attimo, o altro. So che prima di tutto bisogna superare le paure che uno ha e lo fa solo attraversandole. Per il resto, si può rivoluzionare la propria vita in qualsiasi momento a partire da una semplice attitudine: guardare tutto come se fosse per la prima volta.
Qualche volta penso di riuscirci perché sono fortunato: dimentico tutto.
Ognuno deve tornare il bambino che è stato. Se il passato è stato cattivo, l’esercizio è chiaro: cambiarne il ricordo, la storia, così cambia tutto il resto. Tutti i tempi sono collegati. Se pensiamo di esser stati dei bambini tristi, portiamo quella tristezza fino a qui come uno strascico essenziale. Se uno guarda la storia da altre prospettive, scopre sempre cose che non si aspetta. Quella tristezza ci ha donato un sorriso invincibile ad esempio».

E Attilio Alessandro Ortolano è il tipo di persona che dà una seconda possibilità?

«A me non interessa il numero ma quello che sento quando lo faccio. Ho una indole affermativa, posso aiutare qualsiasi persona, se sento di perdere energie mentre lo faccio, cerco di non farlo più o cerco un modo diverso per farlo. Certo è che le possibilità ognuno dovrebbe darle prima di tutto a se stesso: per tutte le volte che cade, in qualche modo deve rialzarsi, anche dieci o cento volte. Non c’è altra via per capire la strada da seguire».

Qual è il significato profondo di questo romanzo?

«Quello che trova il lettore. Sono sicuro che è quello più giusto per lui, quello che serve. Se dovessi dare un significato mi sentirei lontano da tutti gli altri significati. Anche io ogni volta ne trovo uno diverso. Credo in ultima analisi che il significato di qualsiasi romanzo sia di stabilire un rifugio adatto a certe anime e a certe fragilità che ognuno ha».

Nelle tue opere sei sempre molto attento alle emozioni. Ma cosa emoziona Attilio nella sua vita, sia da scrittore che in quella di tutti i giorni?

«Ho sentito qualche tempo fa una sorta di motore interiore che definisco di sensibilità. Mi emoziona tutto, pure una formica, in determinate situazioni. Ho percepito che molte volte facciamo finta di non emozionarci per non sembrare deboli. Ma tutto, effettivamente tutto quello che esiste, tutto il creato,  può emozionare. Ci sono cose troppo belle che fanno male tanto quelle brutte. Devo proteggermi e non so come farlo, così scrivo. Quando invece siamo occupati con le cose del mondo, cioè con la banca o con il supermercato, è semplice essere forti, perché sono cose che contano relativamente. Superate le battaglie che uno combatte dentro, quello che sta fuori fa meno paura. Giorni fa ho visto una donna che non può più camminare come una volta, e nonostante questo il suo sorriso è una luce incredibile, questo mi colpisce direttamente».

Sei molto attivo anche sui social. Cosa pensi di questo mondo? Sono più i pericoli o le meraviglie che dischiude?

«Vorrei tornare alle lettere di carta. Cerco semplicemente di adattarmi perché sono nato in questo periodo. La rete ha una potenza così grande che può inghiottirci, tutto qua. Utilizzata bene, è un vantaggio. Riesce però a rubare molto tempo che uno potrebbe dedicare alla natura o ad altro. Ruba tempo per passeggiare, ma per fortuna sono magro. Posso assicurare che ho scritto il primo romanzo quando ho dimenticato di pagare la rata della connessione internet. Mi attivo sui social per comunicare qualcosa, credo sia un mezzo utile per arrivare a molti. Tempo fa cercavo di inviare messaggi particolari ma attualmente cerco di essere più schietto possibile, scrivo quello che sento».

Parliamo di Ortona. Il rapporto di Attilio Alessandro Ortolano con la città. C’è un posto in particolare di Ortona che ti ispira nella tua arte?

«Sì: tutti. Per me qualsiasi posto è come se fosse uguale ad un altro. Assume significati differenti quando lo carico con determinati ricordi, ma l’essenza di uno spazio lo sento dentro me e dunque qualsiasi posto può diventare ispirazione. Questa non è una risposta adatta alla domanda. Potrò rispondere tra venti anni circa in maniera più precisa. Devo distaccarmi da certi posti per capire meglio cosa mi possono lasciare».

Hai organizzato un concorso per poeti, parlacene brevemente

«Ho deciso di organizzare un concorso di poesia in spiaggia nello stabilimento balneare La Riccetta di Ortona in ricordo del suo fondatore Eugenio Bomba. Volevo dare voce a chiunque, anche a quelli che credevano di non essere poeti, questa era la mia provocazione. Era una scommessa contro me stesso ed è andata benissimo, più di centoventi partecipanti. Si cerca di trattenere come si può, di celare un ricordo non per egoismo ma per proteggerlo, come fosse l’ultimo pezzo di pelle visibile, o l’ultima cellula invisibile di un essere umano che prima aveva occhi, ti parlava, e ti insegnava, e ti poteva stringere la mano, poteva salutarti senza quella ipotesi che terrorizza: farlo per l’ultima volta. So però che i passi che alcuni percorrono hanno una direzione esatta: sono una promessa per sanare le cicatrici degli altri.
Per dare continuità a questo premio, abbiamo deciso di fondare l’associazione culturale Aurora, di cui sarò presidente».

La soddisfazione più grande finora e quella che speri di ottenere in futuro.

«La soddisfazione più grande è quella che sta per arrivare. Vivo con questa fiducia da sempre. Ad oggi mi sento benedetto per aver avuto la fortuna di scrivere due romanzi ed altro, questa è stata una salvezza per me. Anche tutte le persone che ho incontrato sono giuste, mi hanno insegnato moltissime cose, sono felice di questo, le potrei ringraziare quotidianamente. Spero di continuare a migliorare, sperimentare, avvicinarmi a più persone possibili. La scrittura è un mistero che non si può spiegare. Importante è che oltre a me possa aiutare gli altri, non avrebbe altrimenti motivo per esserci».

Già in cantiere qualche nuova opera?

«Ho pensato per un momento di non scrivere e mi son sentito male. Sì, c’è altro. Spero che il giornalista abbia in cantiere anche nuove interviste, perché sono sempre molto stimolanti. Grazie».

Siamo noi a ringraziare Attilio Alessandro Ortolano, giovane scrittore di rara gentilezza e disponibilità.

Attilio Alessandro Ortolano, la fantascienza di Ortona ultima modifica: 2018-11-21T10:30:17+01:00 da Andrea La Rovere

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